Lavorare con la psicoanalisi nel XXI secolo
La psicoanalisi consiste nell'osservazione di ciò che è inconscio.
Non si tratta di un paradosso: l'inconscio si esprime continuamente all'interno della nostra vita: esso è tanto imprescindibile quanto vitale.
Moreno scrisse che la psicoanalisi è "un monologo tenuto alla presenza di un interprete", e non "un dialogo tra due". Si tratta a mio avviso di un punto fondamentale: siamo di fronte a un approccio che valorizza al massimo la centralità della persona, attraverso emozioni, conflitti, affetti, pensieri, desideri. Che sono proprio i suoi, e non quelli del suo analista. Tanto che a sua volta quest'ultimo ha già effettuato un proprio percorso di analisi: è già andato a fondo nell'osservazione delle proprie sofferenze, per non confondere il proprio mondo interno con quello delle persone di cui si occupa.
Utilizzare la tecnica psicoanalitica nel 2014 significa darsi la possibilità di affrontare un lavoro psichico durevole e approfondito, in cui l'obiettivo primario non si limita alla ricerca di un adattamento migliore al mondo esterno, ma che si fonda anche sulla possibilità di condividere esperienze emotive (e non solo intellettive, anzi!) all'interno di un ambiente protetto.
"All'inizio quando raccontavo certe cose al mio terapeuta gli chiedevo sempre <<perché?>>: volevo comprendere, avere da lui una spiegazione logica... poi piano piano ho invece sperimentato che sapere delle teorie non mi serviva a nulla, perché questa era solo una parte della questione. E' stato per me molto più utile andare oltre i miei pensieri per cercare di esplorare e spiegare le mie emozioni."
In questo modo diventa possibile per la persona concedersi quei momenti di fragilità che nel quotidiano vengono spesso negati, sperimentandoli all'interno della relazione con il terapeuta: calda e intima, ma professionale. È proprio la possibilità di attraversare una temporanea e lieve forma di dipendenza dal terapeuta che permette in seguito di raggiungere un livello di autonomia più compiuto.
Tornata dalle vacanze, Mariella (che incontro una volta a settimana da 2 anni) mi spiega con intensità il significato della nostra lontananza per ben 2 mesi: con soddisfazione mi racconta dei pensieri che ha potuto fare in libertà, delle conquiste che sente di aver raggiunto, della possibilità di sperimentare nel mondo esterno il modo di porsi che già ha conosciuto durante le nostre sedute. Certo: 2 anni non sono pochi, e all'inizio abbiamo lavorato tanto sul suo scalpitare, per l'apparente sensazione che non succedesse nulla. Eppure, è stata proprio la possibilità di concedersi con costanza quei 50 minuti a settimana che le ha permesso di darsi un genuino momento per pensare, per sentirsi realmente al centro di se stessa.
Siamo ormai così abituati a essere produttivi, a ragionare in termini di organizzazione e di raggiungimento di obiettivi, che fermarsi a non fare nulla sembra impossibile. C'è sempre qualcosa da fare.
Davide è arrivato da me per uno stato di ansia generalizzato, lamentandosi di riuscire ad addormentarsi solo con la televisione accesa, di aver voglia di fare sempre almeno due cose per volta, di attraversare momenti di vero panico quando gli capita di pensare di non avere nulla da fare. Anche le nostre sedute all'inizio erano così: le riempiva di racconti, accavallando avvenimenti e impressioni, ma tenendosi sempre lontano dal parlare di sé. Questo rendeva le sedute in apparenza poco produttive (arrivava così a dirmi "dottoressa, ma a me l'ansia non passa!"). Invece la possibilità per lui di sperimentare uno spazio mentale ed emotivo in cui le sue ansie potessero essere contenute – e non sommerse da mille altre attività per non pensare -, e una relazione con me che lo ascoltavo sollecita e fiduciosa gli hanno permesso progressivamente di cominciare a nutrire una reale speranza di poter stare meglio con se stesso.
Utilizzare il metodo psicoanalitico non equivale esclusivamente a scavare nel passato - per di più alla ricerca di quali presunti traumi? In base agli stereotipi più diffusi da cinema o barzellette -, ma significa innanzitutto vivere nel presente una relazione significativa, fare un'esperienza emotiva e affettiva con un professionista in grado di essere attento, non giudicante, empatico.
Nicolás Gómez Dávila scriveva: "Il problema autentico non chiede di essere risolto, chiede che si tenti di viverlo."
Concentrarsi sull'oggi, passando attraverso ieri, permette di riconoscere i propri desideri per domani, e quindi muoversi proficuamente investendo sul proprio futuro.